Un articolo per la rivista Disegno Industriale, pubblicato sul numero di ottobre 2010, che racconta la città contemporanea attraverso i rapporti tra spazio, tempo, servizi e nuove tecnologie. L’era industriale è stata il momento degli atomi, della produzione materiale, che occupavano un posto in un momento; l’era dell’informazione sembra non curarsi alla stessa maniera dello spazio e del tempo: i bits che produciamo potrebbero essere ovunque ed in qualunque momento. Per questo motivo molti hanno immaginato che la città molto presto potesse non servire più: che in un qualsiasi deserto si sarebbe presto potuto avere la stessa accessibilità ad informazioni e servizi che nel centro di una metropoli.
Eppure la popolazione urbana in tutto il pianeta sta crescendo molto rapidamente e i prossimi decenni continueranno a vedere tassi di crescita urbana senza precedenti.
Il digitale è quindi destinato alla stessa banalità di tutte le più antiche innovazioni e rivoluzioni? Sempre più costituisce un livello sovrapposto e non de-localizzato, rispetto alle nostre vecchie città: sono ancora queste che abitiamo.
Is therefore digitalization doomed to the fate of all the revolutions in history?
Bande larghe, velocità di calcolo, dimensioni di rete, il rimpicciolimento di dispositivi elettromeccanici ci hanno già annoiato: ciò che ancora ci sorprende sono però i cambiamenti che riguardano le nostre vite, i nostri comportamenti, gli stili di vita che stanno popolando un mondo in cui il senso di identità e di comunità sempre più co-abitano contemporaneamente le dimensioni del reale e del virtuale.